FARMACIA.IT - Prostata, i miracoli del sistema Da Vinci
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A detta dei chirurghi che l’hanno sperimentata, questa nuova tecnica garantisce minore invasività, tempi di recupero più rapidi, rarissimo ricorso alle trasfusione e riduzione di tempi degli interventi e della degenza. Anche l’Italia è all’avanguardia sul versante della chirurgia robotica per la cura del cancro alla prostata. Soprattutto grazie al sistema Da Vinci. Infatti attraverso un’amplissima visione tridimensionale garantisce ai medici una impensabile profondità di campo, sicuramente sconosciuta a chi si affida invece alla visione a due dimensioni della laparoscopia. Soprattutto consente di operare come se si osservasse direttamente il campo operatorio, anche grazie al fatto che il campo stesso può essere ingrandito di diverse volte. Se non bastasse gli strumenti della robotica inoltre sono molto più maneggevoli e versatili di quelli utilizzati in laparoscopia e consentono di intervenire con grande precisione, riducendo moltissimo la possibilità di complicanze.
Non a caso Gianluca D'Elia, primario di urologia al San Giovanni di Roma e direttore scientifico della Fondazione per la ricerca in urologia, fa notare che “grazie alle tecnologie avanzate del sistema robotico Da Vinci, la chirurgia urologica si è completamente trasformata. Negli interventi chirurgici per il cancro della prostata il robot consente al medico operatore di meglio visualizzare i dettagli anatomici ed eseguire con maggiore precisione micro-dissezioni con notevoli risultati nell'ambito della conservazione della funzione erettile”. Questa tecnica sarà al centro di un modulo del Congresso internazionale di chirurgia urologica robotica per la lotta al cancro della prostata, al quale parteciperanno esperti da tutt’Europa e che si svolgerà a Roma giovedì prossimo.
Non è da escludere che i medici intervenuti discuteranno soprattutto di quelle che, a detta di molti, è la principale criticità di questa nuova forma di chirurgia: i costi. al riguardo, e interpellato da Quotidianosanità, il dottor Bernardo Rocco della clinica urologica I dell’università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, ha spiegato: “Una valutazione di HTA effettuata in Piemonte ha evidenziato che, a fronte di un maggior uso della sala operatoria pari a circa 38 minuti, con la robotica, rispetto alla chirurgia tradizionale (open), si riducono i ricoveri di 1,5 giorni, si abbatte dell’80 per cento la necessità di ricorrere alle trasfusioni e del 27 per cento l’incidenza delle complicanze. Continenza urinaria e potenza sessuale a distanza di un anno dall’intervento sono risultate nettamente a favore della chirurgia robotica. La riduzione del rischio di margini positivi per pazienti pT2, rispetto alla chirurgia open, risultava infine pari al 39 per cento”.
Emblematica poi l’esperienza irlandese. Secondo il dottor Rocco, utile per dimostrare che “i costi legati al sistema da Vinci venivano ammortizzati da una serie di voci: dalla riduzione della degenza ospedaliera, all’abbattimento delle complicanze. In conclusione, la chirurgia robotica sta dimostrando una cost/effectiveness adeguata in particolare per la prostatectomia radicale per tumore”.