Le terapie chirurgiche in pazienti affetti da IPB si pongono l’obiettivo di disostruire il paziente, riducendo o eliminando completamente la componente centrale della prostata (l’adenoma); la porzione periferica della ghiandola è invece lasciata in sede (per questo motivo il paziente sottoposto ad intervento disostruttivo per IPB ha ancora la possibilità di sviluppare il tumore di prostata). Tale risultato può essere ottenuto utilizzando una moltitudine di strumenti o tecniche chirurgiche, che possono essere divise in resettive (quelle che prevedono la scomposizione in piccoli pezzi della porzione transizionale della prostata) ed enucleative (che consistono nello scollamento dell’adenoma nella sua interezza e nella successiva triturazione, o “morcellazione”, per poterlo rimuovere dall’organismo del paziente).
- TURP (resezione endoscopica della prostata con energia monopolare o bipolare)
Si tratta dell’intervento storicamente più eseguito, in quanto caratterizzato da ridotta invasività e ottimi miglioramenti in termini di sintomi e flusso urinario. Si accede alla prostata per via endoscopica transuretrale, cioè passando dal pene senza eseguire tagli né buchi: quando si giunge in corrispondenza della ghiandola prostatica, il resettore permette di staccare poco alla volta piccole porzioni di adenoma prostatico. I frustoli di prostata sono agevolmente rimossi ed inviati ad esame istologico definitivo. È particolarmente consigliata in caso di prostate tra i 30 gli 80 g, ma, per via della tipologia di strumento utilizzato (con ridotte capacità di coagulare i tessuti), può essere complicata da importanti sanguinamenti post-operatori.
- ThuVAP (vaporizzazione di adenoma prostatico mediante laser al Thullio)
È una variante più moderna della classica TURP, da cui si differenzia per l’utilizzo del laser al Thullio al posto del resettore mono o bipolare. Per mezzo del laser si procede alla vaporizzazione dell’adenoma prostatico. Si tratta di una tecnica estremamente efficace, indicata in particolare per i pazienti in terapia antiaggregante o anticoagulante, per il ridotto rischio di sanguinamenti post-procedurali. Di contro, il tessuto vaporizzato durante la procedura è letteralmente “distrutto” e non può essere inviato ad esame istologico definitivo, per cui è necessario escludere con certezza la possibile presenza di tumore prostatico prima di proporre questa tipologia di intervento. La vaporizzazione viene consigliata in caso di prostate non particolarmente voluminose, in genere inferiori agli 80 g.
- ThuLEP o HoLEP (enucleazione di adenoma prostatico mediante laser al Thullio o all’Holmio)
A differenza della ThuVAP, non si procede a vaporizzare l’adenoma prostatico, bensì si “scolla” per via endoscopica (la cosiddetta enucleazione), si posiziona in vescica e in tale sede si “tritura” (morcellazione) per poter estrarre il tessuto ed inviarlo ad esame istologico definitivo. L’enucleazione è particolarmente indicata per prostate di medio-grandi dimensioni (in genere superiori agli 80 g). Si tratta di interventi che, seppur mininvasivi, per ottenere risultati soddisfacenti e a lungo termine per il paziente, devono essere eseguiti da specialisti adeguatamente formati e in strutture che abbiano a disposizione lo strumentario adeguato.
La chirurgia con il laser al Thullio (che si tratti di ThuVAP o ThuLEP) presenta molti vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali: degenza ridotta (oltre il 50%), minori sanguinamenti con conseguente diminuzione del rischio di trasfusioni, possibilità di operare pazienti scoagulati o antiaggregati, sintomatologia post–operatoria ridotta con conseguente riduzione dei giorni di posizionamento di catetere vescicale (a seguito dell’intervento) e della sintomatologia irritativa successiva alla procedura, maggior conservazione delle normali capacità erettili e di eiaculazione rispetto alle tecniche tradizionali.
- Green laser
È una tipologia di energia con cui si può procedere sia a vaporizzazione che ad enucleazione dell’adenoma. In mani esperte risulta molto efficace per disostruire il paziente, ma è gravata da un rischio elevato di persistenza di sintomi urinari irritativi anche per diversi mesi a seguito dell’intervento.
- Adenomectomia
L’adenomectomia (o prostatectomia semplice, per traduzione letterale del nome anglosassone “simple prostatectomy”) è una tipologia di intervento non endoscopico, che si riserva per prostate particolarmente voluminose, laddove l’enucleazione endoscopica (ThuLEP o HoLEP) non possa essere proposta al paziente. Tradizionalmente veniva eseguita a cielo aperto, incidendo la cute sopra il pube e asportando l’adenoma prostatico per via transvescicale (con incisione della vescica) o attraverso la capsula prostatica (tecnica di Millin), dopo averlo scollato con il dito.
Per via dell’alto numero di complicanze conseguente a questa tecnica a cielo aperto (il 20-25% dei pazienti necessita di trasfusioni nel post-operatorio a causa dell’elevato rischio di sanguinamento), negli ultimi anni è stata introdotta la prostatectomia semplice robot-assistita (o adenomectomia robotica). Anche in questo caso si asporta solamente la porzione “centrale” della ghiandola prostatica e si lascia in sede la parte più periferica, anatomicamente adesa alle strutture vascolari e nervose responsabili dei meccanismi di continenza urinaria ed erezione. Oltre a garantire gesti chirurgici estremamente precisi grazie ai micro-movimenti degli strumenti e alla visione tridimensionale, con l’approccio robotico si è in grado di coagulare in maniera adeguata i tessuti e di ridurre in maniera drastica il rischio di sanguinamenti, di complicanze e di degenza post-operatoria.