Tutto è iniziato qualche mese fa, con un nuovo amore, una passione intensa e inattesa. È ora di affrontare i piccoli problemi dei sessant’anni mi dico: un vigore non proprio eccellente, quella fastidiosa frequenza nell’urinare.
Vado dall’andrologo, è la prima volta nella mia vita. Il professor Gentile mi accoglie con un sorriso complice e mi ascolta con attenzione. Non deve preoccuparsi, sono cose normali, talvolta anche in uomini più giovani di lei dice. A proposito, già che c’è lo facciamo un PSA? Sono due anni che non lo faccio, mi vergogno a dirlo e, di lì a poco, mi renderò conto di quanto sono stato sconsiderato nel trascurare quel semplicissimo test.
PSA alto. Cura antinfiammatoria inefficace. Biopsia. È cancro, a basso rischio per fortuna.
La via migliore, considerata la mia età e le mie buone condizioni fisiche, è la prostatectomia: il professor Gentile ne è convinto e quasi mi convince. In realtà sono terrorizzato. Impotenza e incontinenza, i due spettri di questa chirurgia, fanno breccia nella mia testa confusa.
Per il mio lavoro ho una lunga frequentazione di sale operatorie, ospedali, malattie di ogni tipo: sono regista e, per vent’anni, ho realizzato un programma sulla salute. Scaccio gli spettri e mi metto a pensare.
Sono un fan della chirurgia robotica fin da quando, con lo scopo di registrare una puntata del programma, nel 2010 ebbi l’occasione di andare al 2° Congresso di Chirurgia Robotica a Chicago, presidente un grande italiano, il prof. Pier Cristoforo Giulianotti. La chirurgia robotica, avevo sempre sentito dire ed allora ne ebbi la conferma, è selettiva, funzionale, minimizza le conseguenze. Lo spero veramente ora, perché sono determinato a farmi operare in quel modo.
Attraverso un breve quanto frenetico giro di telefonate arrivo al dottor Bernardo Rocco. Lo chiamo al cellulare, mi da appuntamento dopo qualche giorno nel suo studio di Milano.
Mi accoglie con una stretta di mano salda e decisa; bene, a un chirurgo servono le mani ferme penso. Bernardo Rocco illustra le possibili vie per affrontare la mia malattia; alla fine del colloquio una conferma, la strada per la guarigione dal cancro è sicuramente chirurgica. Mi rassicura sui “danni collaterali”. È sintetico, affabile, chiaro e convincente. Fissiamo la data dell’intervento. Torno a Roma sotto una pioggia battente.
Dopo qualche settimana mi ricovero. Il padiglione Cesarina Riva sembra una clinica privata. Cordialità e pulizia, competenza e chiarezza, si mangia bene e ogni domanda ha una sua risposta, salvo una che non faccio: come sarà dopo? L’ultima notte, prima dell’intervento, quella domanda mi assedia la testa, poi mi addormento.
Esco dal nulla dell’anestesia e vedo di fronte a me il volto sorridente e sereno dell’anestesista. Signor Borelli, si ricorda? È stato operato di prostatectomia, si ricorda? Si, me lo ricordo. E adesso?
Poche ore dopo Bernardo Rocco è al mio capezzale, è andato tutto bene dice, e fa un gesto rassicurante con le mani quando parla dei fasci nervosi, i miei, quelli che è riuscito a conservare. Ma non deve stare a letto, domani si deve alzare, deve camminare dice. Ed io: quattro passi in corridoio li faccio. Anche otto, sedici mi risponde e sorride. Mi dà coraggio, lo prendo in parola. Il giorno dopo gli infermieri mi prendono in giro perché consumo il corridoio a forza di camminare.
La ripresa è rapidissima e domenica sono a spasso. Il catetere si sopporta. Sono passate nemmeno novantasei ore da quando ho lasciato la sala operatoria.
Emergo dalla Metropolitana, le note di George Shearing nelle cuffie. Il Duomo, la piazza affollata e una mostra di Munari. Sono fortunato, un artista tra i miei preferiti. Visito la mostra con il piacere del reduce, una esagerata percezione di chi è scampato alla catastrofe. Non posso fare a meno di trasmettere questa gioia al dottor Rocco.
Ora sono tornato a casa. Sono passate trecentododici ore da quando sono uscito dalla sala operatoria e la continenza è quasi perfetta, nessun dolore, nessun fastidio, salvo quello di aspettare ancora per fare un po’ di ginnastica.
Il dottor Rocco mi dice al telefono che per il sesso c’è da avere pazienza, che devo riprendere al più presto ma con calma e senza ansie, solo quando me la sentirò.
Meglio, il nuovo amore è fuggito, come il pesce spada femmina, ed io avrò tutto il tempo per trovarne un altro.